INCONTRI, LETTURE, READING, MUSICA…

Ricevo e rimando:

Giovedi 18 dicembre
ore 21,00

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Rosso epistassi
di Ivano Ferrari
(Effigie edizioni)
 
Incontro e letture con Ivano Ferrari, Antonio Moresco e Domenico Brancale
 
Con toni un po’ apocalittici e un po’ artaudiani, in questa raccolta Ivano Ferrari riattra­versa le parole della sua generazione trattando­le con cautela e ironico affetto, coniugando il rosso della rivoluzione con quello del sangue dal naso, le guerre di religione, gli spettri e il sesso, i corpi e la materia: «Oggi che non sono fresco / che ho sporcato il giorno / e la conva­lescenza spurga / appendo spunti ai chiodi / esco nella prosa esterna, / la luce di tutte le fiamme / intanto si slancia per strada / un cor­rere di ombre di fuoco / approda al tramonto giaciglio / di prede ustionate dall’ora, / rosso epistassi è il cielo».
 
 
Rosso epistassi
Da un passato all’altro la cosa umana
dialoga con il limbo che l’indaga
rimortis
e le sommosse, le delicature di ore tarde
e intifadami travestito da rètina, rapina rovine
mi titolerei così.
 
Aspirazioni e fallimenti, ideali e illusioni del pensiero e della politica novecentesca vibrano fra le pagine di Rosso epistassi come un «suono di percosse» che «sale da terra» e invade le strade. «Non c’è storia», recita la stessa, splendida lirica «senza lo sfrigolio di serpi nelle torri». Vittime e carnefici, rivoluzioni e restaurazioni, pifferai magici e creduli innocenti vengono travolti nel rombo rapace del tempo, in un immane sbocco sanguigno da cui si leva, titanica e incosciente, quella cosa fragile che chiamiamo arte. Teo Lorini
Ivano Ferrari è nato a Mantova nel 1948. Ha pubblicato Macello (Einaudi 1995) e La franca sostanza del degrado (Einaudi 1999).

***

Nuovo appuntamento al Museo Civico di Palazzo Borea d’Olmo nell’ambito degli eventi culturali organizzati dal Comune di Sanremo.

Sabato alle 17 Mirko Servetti presenterà la sua ultima raccolta di poesie, ‘Canzoni di cortese villania’, edita dalla giovane e già prestigiosa etichetta Puntoacapo Editrice.

Servetti, nativo di Alassio, ha vissuto a Sanremo per molto tempo prima di trasferirsi a Imperia agli inizi degli anni ’80. Al suo attivo, diverse pubblicazioni di poesie in volume ed interventi critici in numerose riviste ed antologie di letteratura. Il libro che verrà presentato sabato pomeriggio, raccoglie e sistematizza, con alcune variazioni, le due raccolte precedenti, L’amor fluido e Quotidiane seduzioni.

L’incontro, dal titolo ‘Amori, concetti, ri(dis)cordanze’, prevede anche gli interventi e le letture di tre fra i più importanti autori del panorama letterario contemporaneo: Mauro Ferrari, direttore editoriale di Puntoacapo ed egli stesso poeta e traduttore; Lamberto Garzia, affermato poeta sanremese; Massimo Morasso, poeta, traduttore e germanista. I tre studiosi si avvicenderanno con letture di propri testi poetici dando così vita ad un inedito reading. Le interazioni musicali dei due noti musicisti imperiesi, Marco Moro al flauto e Filippo Tarditi alla chitarra, completeranno

un nutrito programma all’insegna della sinergia artistica.
Carlo Alessi
 

in: http://www.sanremonews.it/it/internal.php?news_code=77522

 

Un abbraccio a Gianluca Pulsoni  [ che ringrazio per la comunicazione ], a Mirko Servetti e a Marco Moro negli spartiti che.

MUSICISTI? PARLIAMONE…

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For too long now

There were secret in my mind

For too long now

There were things I should have

said

Subito: è troppo il tempo

dei secreti chiusi in cranio.

così tanto tempo dall’ora

era quanto – avrei dovuto

dire

[ Tears Of The Dragon, Bruce Dickinson ]

MUSICISTI? PARLIAMONE…

Musicisti? Parliamone…

VI AMO [ e lo sapete ]. VI ASCOLTO [ senza distinzione di genere ]. VI APPOGGIO [ e ne scrivo ]. Ora è ora di dirvelo: non dimenticate! Non siamo SNORKY e non siamo «tutti amici e perciò felici». Non dimenticate: se è il caso – VI AFFRONTO. E sfodero la lunga lama delle humanea litterae. E la chiave [ di volta e rivolta ] è il termine: HUMANAE. Per scelta non scrivo [ quasi mai ] critiche negative, semplicemente perché il principio per parlare di Musica è lo stesso per parlare di Poesia: non esiste una brutta poesia o una brutta musica. O è Poesia o non lo è. O è Musica o non lo è. Punto.

Premesso questo, la soggettività del singolo scrivente [ io ] non si sdilinquisce, non sciorina complimenti “ad minchiam”, non si schiera dalla parte di chiunque si dica: artista/artigiano/artistoide/artefatto, …

Oggi l’urgenza è: dire basta! Sono stanca: inciampare nel vuoto mi stanca. Sono stanca di chi continua – imperterriti imbecilli – a dirsi, a ribadirsi: migliori. Migliori come musicisti, migliori come baristi, migliori perché? Perché maschi? Per onniscienza infusa direttamente da Priapo? Migliori perché abituati a scambiarsi pacche sulle spalle? Migliori perché il confronto è col compagno di merenda, col vicino di casa, con il ragazzo che ha appena imparato il giro di do?…

Se vi parlo di pagina, di palco, vi parlo con coscienza [ di causa ]. Non basta il talento, non basta la tecnica: ci vuole la tensione del carisma. Non basta credere: bisogna convincere. E molti di voi sono arrivati a credere a tutto quello che dicono, a tutto quello che si raccontano. Senza più: rispetto. Senza più: metro critico. Senza più: coscienza storica.

Un precetto per chi “prosa” è: assomigliare a ciò che si scrive. E allora vi chiedo, voi assomigliate alla vostra musica? Allora vi chiedo: rispetto! Io ho SPOSATO il mio mestiere [ che vi piaccia o meno: è un mestiere ]. Nessuno mi conduce all’altare – né per maritarmi né per immolarmi. Vi chiedo: è un problema il mio corpo di donna? Mi chiedo: perché devo sentire una riga di stronzate? Rispetto, ragazzi, rispetto! La mia sacrosanta gavetta continua. E non si improvvisa. Mai! In nessun campo. E voi tuttologi – tuttofare – tuttochiosare avete mai ipotizzato che il pubblico sia digiuno? Avete mai – anche solo per un mero contatto neuronale – pensato che il pubblico legga di musica? Mai vagamente sfiorati dal dubbio che chi scrive non sia un’adorante automa pronto ad esaltarvi a prescindere? [ Per carità, solo gli autori e gli attori devono ingoiare stroncature, giuste/ingiuste che siano…]. Oh molta massa di musicisti/musicanti/musichieri, magari prima di ridermi in faccia – perché non provate [ almeno ] a rispettare la professione? Perché, tronfi hobbysti del sabbato, questa è una professione: palco e pagina mi procurano la pagnotta! E ha ragione l’inetto che mi disse: «professionista del cazzo!». Anche se avrei preferito: «una cazzo di professionista!». Se si vuole “giocare” con le parole: si deve sapere – è un gioco GRAVE – la tomba si termina a colpi di lingua…

E quali termini/titoli vi firmano? La vostra scelta coraggiosa? La vostra scelta di vita? Se scegliete gli accordi: IMPARATE a scegliere anche le parole quando vi rivolgete a qualcuno che non conoscete! [Your momma told you that you’re not supposed to talk to strangers – e si cita Ozzy]. E quale senso/scopo imprimete ai vostri spartiti?

Se sul palco [ Nota Bene, Rapallo, 12/12/2008 ] canta Fabio Lione e suona Pier Gonella abbiate la decenza – se non la sapienza – di: togliervi il cappello e rendere grazie. E imparare da chi: è. Ed è: grande. Decisamente più grande di voi. Serata cover. E se le cover sono interpretate da Lione/Gonella diventano: originali. Talento e tecnica, professione e personalità. E questo: con l’occhio/orecchio del pubblico. Si aggiunga tutta la stima per quel “saper tenere il palco, saper stare sulle scene” – che tanto anima la mia radice attoriale. Fabio Lione e Pier Gonella NON devono più “dimostrare”. Né io – recensire. Semplicemente: mi inchino. E tributo il giusto. Questo perché chi scrive NON è una musicista. Pur: valenza testuale, presenza scenica e comunicazione – sono sfere a me note.

E non posso tollerare [ non più ] la livella che vuole tutti sullo stesso piano. Lasciate alla Tv di prostituzione l’idea che tutti possano fare tutto. Essere o non essere. E questo – rimane. Lione è. Gonella è. Arte. Punto.

E a capo. Lo dico: e ve lo ripeto, nel caso foste impegnati a farneticare. E ve lo dico con le Parole, le Parole che Operano e rimangono. Le Parole che (in)segnano:

La porta della storia è una Porta Stretta

infilarsi dentro costa una spaventosa fatica

c’è chi rinuncia e dà in giro il culo

e chi non ci rinuncia, ma male, e tiri fuori il cric dal portabagagli,

e chi vuole entrarci a tutti i costi, a gomitate ma con dignità;

ma sono tutti là, davanti a quella Porta.

[ P.P.P.]

Chi passa di là? Al momento chi scrive – passa al di là [ impara più dai miti dei morti mai morti – che dai vivi morti in vita ]. Quello che dovevo/potevo/volevo – vi ho detto. E sono io chi: non vuole più “avere a che fare” con la molta meschina melma. Ho da fare, da fare anima. Essere non è dato semplice. Scrivere non è sterile. E se non sai, non sporcare le parole. E se non sei, non pronuncio il tuo nome nullo. A ognuno il suo [ carretto ]. Ci vediamo a dramma finito, a bocce ferme, tra un paio di secoli, …

Sarà solo la Storia a mettere la parola: FINE!

There is a WORD

Which bears a sword

[ Emily Dickinson ]

Chiara Daino

 Continua su…
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