E BUONA VISIONE!

Cosa si cerca?
Quale pellicola ad abbracciare quale bisogno? Soprattutto, quale spirito? Quale colonna sonora a commentare il visto? Il già visto che si ripete? Quanti remake dovremo (ri)girare per (ri)trovare il filo e tessere NUOVA trama da quella proposta – imposta?
Abbiamo occhi saturi per mondi sordi… Blade Runner è un fondo (in pensione): abbiamo visto cose che voi replicanti non potete neanche immaginare!…Lo spettacolo deve continuare, nell’ora di Musica: è ora di CAMBIARE! Buon ascolto…

Sono intorno a noi, in mezzo a noi, in molti casi siamo noi a far promesse senza mantenerle mai se non per calcolo, il fine è solo l’utile, il mezzo ogni possibile, la posta in gioco è massima, l’imperativo è vincere e non far partecipare nessun altro, nella logica del gioco la sola regola è esser scaltro: niente scrupoli o rispetto verso i propri simili perchè gli ultimi saranno gli ultimi se i primi sono irraggiungibili. Sono tanti arroganti coi più deboli, zerbini coi potenti, sono replicanti, sono tutti identici guardali stanno dietro a machere e non li puoi distinguere. Come lucertole si arrampicano, e se poi perdon la coda la ricomprano. Fanno quel che vogliono si sappia in giro fanno, spendono, spandono e sono quel che hanno.
Sono intorno a me ma non parlano con me… Sono come me ma si sentono meglio…
Sono intorno a me ma non parlano con me… Sono come me ma si sentono meglio…
…e come le supposte abitano in blisters full-optiona, con cani oltre i 120 decibels e nani manco fosse Disneyland, vivon col timore di poter sembrare poveri, quel che hanno ostentano e tutto il resto invidiano, poi lo comprano, in costante escalation col vicino costruiscono: parton dal pratino e vanno fino in cielo, han più parabole sul tetto che S.Marco nel Vangelo e sono quelli che di sabato lavano automobili che alla sera sfrecciano tra l’asfalto e i pargoli, medi come i ceti cui appartengono, terra-terra come i missili cui assomigliano. Tiratissimi, s’infarinano, s’alcolizzano e poi s’impastano su un albero, boom! Nasi bianchi come Fruit of the Loom che diventano più rossi d’un livello di Doom…
Sono intorno a me ma non parlano con me… Sono come me ma si sentono meglio…
Sono intorno a me ma non parlano con me… Sono come me ma si sentono meglio…
Ognun per se, Dio per se, mani che si stringono tra i banchi delle chiese alla domenica, mani ipocrite, mani che fan cose che non si raccontano altrimenti le altre mani chissà cosa pensano, si scandalizzano. Mani che poi firman petizioni per lo sgombero, mani lisce come olio di ricino, mani che brandiscon manganelli, che farciscono gioielli, che si alzano alle spalle dei fratelli. Quelli che la notte non si può girare più, quelli che vanno a mignotte mentre i figli guardan la tv, che fanno i boss, che compran Class, che son sofisticati da chiamare i NAS, incubi di plastica che vorrebbero dar fuoco ad ogni zingara ma l’unica che accendono è quella che dà loro l’elemosina ogni sera, quando mi nascondo sulla faccia oscura della loro luna nera…
Sono intorno a me ma non parlano con me… Sono come me ma si sentono meglio…
Sono intorno a me ma non parlano con me… Sono come me ma si sentono meglio…

Frankie Hi-Nrg Mc (Quelli che benpensano)

…E mantenete sempre buona (e vostra!) la visione. Del tutto che non si vede!

POESIA: LE POSE (SCENICHE)

Dell’oggi v’è (sempre) certezza: è (sempre!) crisi.
E tra tutti le crisi praticabili – io ho la rara qualità (grazie! Grazie! Niente applausi, è una dote naturale) di scegliere le più crisastrate. Vi prego, tuttavia, di non chiamarmi mai Lady Crisa – che è la fanciulla del Crisa (da Crisantemo) e una crisi coniugale tra metallari, adesso mi cresce!
Tornando al punto (critico): come curare? Cooperare, senza pietà sinergetica! In Italia la poesia non si legge/non si vende. In Italia la drammaturgia è dramma(h!)turgia….
La lupa, sola per cause maggiori (ogni giorno augurano di crepare ad un suo – ipotetico – compagno di sventura), decide di unirsi (almeno!) in campo artistico e costruisce un ponte verso/palco.

E dopo Dickinson – Sannelli – Daino – Buckley (Courtney Love: ma, giuro!, l’ultima non era preterintenzionale!)…
Ecco a voi: Chiosattore (Daino – Pirandello – Sannelli – Lorca) e Il Gregge Cartaceo (Daino – Padua).
Per i rocker da associare… Aspetto le prime!

Chiosattore
[Attore: uomo/donna 23-28 anni
Ambientazione: Foyer di un Teatro]

ATTORE: «Ancora uno. Ancora in tempo: me ne vado!
No! Ci provo, ci credo. Niente posto fisso nessun compromesso. Devo entrare allo Stabile. Ce la farò, ce la farò!
Azzardo? Lo gioco? Autore sconosciuto? I Grandi sono, ma io non sarei mai: tanto grande… Quanto: convincente.
Non ne posso più, non ne posso più…. Pirandello – aiutami tu! …Allora dove la vita è creata liberamente, è là invece, nel teatro! Ecco perché mi ci sono sempre trovato subito, sicuro – là sì! E il vago, l’incerto che sentivo prima, non dipendevano dal non avere, io, ancora una vita mia: ma che! È peggio, è peggio averla! Non comprendi più nulla, se t’abbandoni ad essa perdutamente…
Riapri gli occhi, e se non vuoi lasciarti andare a tutto ciò che è solito, che diventa abitudine, solco, monotonia che non ha più colore, sapore…Allora, è tutto incerto, di nuovo, instabile; ma con questo: che non sei più come prima; che ti sei legato compromesso con ciò che hai fatto, e in cui è così difficile, impossibile trovarti tutto intero, sicuro – lo comprendevo anche prima; ma ora lo so, lo so per prova….
Trovarsi. Sì! Porto Trovarsi. Sì? No? Calma! Calma… Tre tozzi di pan secco in tre strette tasche stanno… Tre tozzi di pan secco in tre strette tasche stanno… Tre tozzi di pan secco in tre…
Sigaretta… No! Le corde. Diaframma: manda la voce…aaaaaaaaaaaaaaa… Modulato: aaAAAaa…
Alighieri. Sì: Dante. Dramma e commedia. Da scuola, da copione. Paolo e Francesca: pro – i – bi – to! Manca poco. Tutto in gioco! La poesia…

Questa ghirlanda! Presto! Presto, muoio!
Intreccia, presto! Canta! Piangi, canta!
Ora l’ombra mi occupa la gola
e mille volte il chiaro di gennaio.
Tra il tuo amore per me e il mio per te,
l’aria di stelle e, che trema, una pianta,
una potenza di anemoni innalza
in un lamento scuro un anno intero.
Godi il paesaggio verde della piaga,
spezza il giunco flessibile e i ruscelli
teneri, mangia il miele e il sangue della

gamba. Ma presto! Uniti in molti nodi,
bocca rotta d’amore, anima morsa,
il tempo viene a noi, non trova nulla .Raddoppiamento fonosintattico/ VERDE È CHIUSO!/ Inizio alto/ Motivazioni forti/ Determinato non aggressivo/ Inspira – espira/ Non mangiarti le finali/ PER – SPI – CUI – TÀ/ Umile, non remissivo/ NON SCEMPIARE LE DOPPIE!/ Spalle aperte. Non correre: quando cammini quando parli/ APPOGGIA SUL VERBO/ Spirito di sacrificio/ NON ribattere/ Batti sulle toniche/ Carattere/ Controtempo/ PADRONANZA spazio tempo maschera… [Guarda l’orologio]
No! Non pensare che devi fumare! Preparati a improvvisare. Espira – inspira… Trentatré trentini entrarono in Trento tutti e trentatré trotterellando… Trentatré trentini entrarono in Trento tutti e trentatré trotterellando…Trentatré… Sì, sì: dica trentatré… Manca poco: infarto…No! Tu non vuoi tentare, vuoi – anzi: sai! – anzi: DEVI! – riuscire.
Inspira – espira, così; forza polmoni…
Io sono creta, io sono creta, io sono creta… La mia faccia è creta, il mio corpo è creta, il mio essere: è creta. Creta pronta all’uso: plasmare. Non plagiare. Mi viene da piangere. NO! Io credo… Oddio! CRÈDO o CRÉDO? Il verbo è aperto?

Vuoto VUOTO V-U-O-T-O

Aiuto! [Si guarda intorno fanaticamente]. No! Calma! IL CRÈDO è aperto. IO CRÉDO…Chiuso! Sì? Sìsìsì! Sicuro. Dov’ero? Ah, sì… Io credo in me e nel Teatro. No! Credo nel Teatro e in me! No! Credo nel Teatro e nei Maestri che faranno di me, me – creta, un piccolo – no, piccolissimo… Ma SOLIDO: mattone della scena. No! Mattone è negativo quando si tratta la messa in scena. E poi…No! Banale metafora edificante…

[ Si ferma un istante a riflettere, poi alza la testa di scatto, come se fosse stato chiamato]

Sì? Sì! Sì, sono io.

[Si incammina]

Credo.
Sì, deciso. Titolo?
Rosario…

IL GREGGE CARTACEO

[Attore: 25-30 anni.
Ambientazione: un monolocale. Un divano. Cartoni. E libri. Montagne di libri. E fogli. Sparsi. Evidente stato di Trasloco. Un ragazzo, seduto. Bicchiere di Rosso – Nero d’Avola – in mano
]

ATTORE: « Ancora. Ne chiedeva…
Ancora… E dovevamo – ancora! – imballare e lei, lei non ne voleva sapere. Voleva sentire. E sentirne ancora…

Ascoltale non sono le parole
non è la voce o il gesto
la luce in cui consiste tutto questo

I suoi preferiti… Non si stancava mai: di ascoltarmi, di seguirmi. Non cercava sicurezza. – Stabile è solo sentire –. Ripeteva. E ancora. Ne chiedeva. Si sentiva… CUSTODITA, quando le leggevo un verso appena nato…
Ascoltala l’alba che al battito si sincronizza ed aprendo la bocca non dire respira… E la respiravo, mentre – chissà dov’era… – E continuavo: e risputa i residui di scura materia nel loro sparire… E non esisteva che quel lago dilatato a pungermi – e ancora… Dirada la schiuma addensata di cui sembra fatta oltre il piano del video la notte compressa – che come una scheggia di ghiaccio s’annida schiacciata nel nitido bianco degli occhi…E con occhi puri imprimeva rimproveri: quando non scrivevo.
– Scrivere è fare l’amore. Meno lo fai, meno lo faresti, ma più pratichi, più si poetizza. L’amore della conoscenza. Amare è conoscersi –… E voleva scrivessi versi sulla sua schiena nuda, col marker rosso… Nel corpo masticato dell’ambiente e nel mio sonno buio pesto ed autonomamente dal presente dalla storia e dal contesto … E – troppo grande – per il suo corpicino, bianco, rubato dal rubeo tratto… E: non smettere ora! – Non permetteva! …Del fuoco deve esplodere e risplendere tra poco il replicarsi in ogni sole. E il sole si replicava: su lenzuola sfatte, ricoperte di versi…

Ascoltale non sono le parole
non è la voce o il gesto
la luce in cui consiste tutto questo

I suoi preferiti: la luce. Aveva fame: di luce. E digiuni e traslochi. Ma era: raggiante. Bastava un verso. La luce accumulandosi riverbera se stessa nei rottami e ogni mia incertezza nel dire, ogni esitare di penna e chiederle conferma, erano accumuli di luce: mi ricaricava. Arcadia – diceva – l’Arcadia doveva essere così… Dovresti farlo pascolare il tuo gregge cartaceo – diceva seria – … I libri? Pecore. Ma lo capisci? Quanti uomini vedono le pecore cartacee? Il textus: beato colui che nel giallo vede il sole. Era Picasso? …Rimani Noè: e devi condurre. Arca e Arcadia – diceva, sempre più, seria –.

Era semplice, semplicemente: buffa. Divorava cioccolata e versi liberi, come noi… Vibrando traccia il segno che scandisce della notte il movimento è un elemento intermittente di silenzio e suono a saturare l’aria…
Fluido come un respiro…
E il suo respiro: m’ispirava… E il suo fiato: sbuffo vitale… Come un respiro muto a stento trattenuto sopra le parole… Parole per le [sue!] palpebre persiane che voleva baciassi, facendo l’attore… Facendo l’amore… Sopra le parole che hanno un sapore assurdo e ruvido di ossido e di ruggine residua e un non sopito impulso a consumarsi nei resti d’ossigeno impuro insinuando intorno… E d’istante… Stati di tensione e su di noi stringendo la presa dei morsi dell’ansia che lasciano segni profondi nei corpi…Quella domenica era più buffa del solito: aveva fuso il cioccolato. E dipinto: fogli di pane “carasau”. – Geniali questi sardi! – si esaltava – Ora possiamo davvero nutrirci. Di poesia. La tua… La mia…

Ascoltale non sono le parole
non è la voce o il gesto
la luce in cui consiste tutto questo

I suoi preferiti. Scritti a mano, al cacao… Su fogli di pane.
Sullo specchio. All’ingresso… Ritratto di-verso. Vera poesia: visiva e concreta. Per vederci.

sono parole per i morti nuove
bruciano nella fibra delle stelle
esplose nei silenzi di tensione
marchiando a fuoco questo cielo schermo
percorrono a ritroso negli spazi
sequenze provvisorie di segnali

pesando come sangue sopra i polsi
che freddo si condensa nei condotti

tremano nelle insegne i nomi in neon
grida la notte oltre gli occhi i sogni

e brulica di kaos e di cose
divisa dalle lamine di luce

quello che non accade è poesia
indistinguibile da tutto il resto

Sullo specchio. Col rossetto. E non voleva cancellassi: voleva vedersi attraverso le scritte. E rideva: iridi schiette. Per quei versi – i miei! – scritti.
Luce più luce. Uguale: difficile… Farne a meno. E ancora ancora ancora – ne chiedeva.

Ascoltale non sono le parole
non è la voce o il gesto
la luce in cui consiste tutto questo

I suoi preferiti…
L’ hanno spenta [scrive col marker sul tavolo… Poetando ad alta voce]
La notte è una porta tra il mondo e la morte… aperta su strade che tornano indietro… riempite di vuoto metallico e freddo… i ponti crollando spalancano il niente…la polvere impregna i colori e li spegne… s’espande in distanze distese e inviolabili…
E lei: distesa sopra di me. Cascata: di onde. Rosse…
gli squarci si formano enormi nell’aria spaccata che tende a rapprendersi… nell’aria spaccata…
schierarci ci serve soltanto ad avere e esibire un inutile alibi…saremo noi stessi nei nuovi massacri… massàcrati e massacràti… a venire le prede e i carnefici… per questo dobbiamo comunque provare a nasconderci senza esitare..
ma addosso rimane per sempre l’odore del sangue [addosso rimane – per sempre! – l’odore]… e il rumore che siamo…
e dunque salvarsi non sembra per niente possibile…
almeno per ora…
Ascoltale non sono le parole
non è la voce o il gesto
la luce in cui consiste tutto questoI suoi preferiti.
Sono parole per i morti…
Riposa in pace. Di luce. Amore…

quello che non accade è poesia
indistinguibile da tutto il resto
».

To be Besson

Essere Besson vuol dire: ossessione.
Chi vi scrive nutre seria – profonda – cronica – dipendenza. Luc mi avvolse nelle sue pellicole per caso. Un tipico caso di isteria liceale: esasperata da un vicino di banco particolarmente molesto (nel suo importunarmi sbavando), gli feci gentilmente capire che non amavo lo stillicidio – affondando la mia stabilo nel dorso della sua viscida mano…
Dietro le mie spalle si levò un secco: «Minchia Nikita!». Abituata ad ogni sorta di soprannome, non curai…Alcuni giorni dopo iniziai il doppio-lavoro di cameriera-schiava e quando mi presentai (anfibi e taglio “alla come viene che non ho tempo”), il mio capo rise: «Minchia Nikita serve ai tavoli!». Il seme. I frutti: essere ricordata come MinchiaNikita tutto attaccato – tuttoattaccato ; la visione dell’omonimo film ( e di tutti gli altri!); la mia viscerale adorazione per Luc.
E Arthur, pur senza Jean Reno (Léon, mon Amour!) è stata l’ennesima conferma: STANDING OVATION!
Credo sia una proiezione (più) godibile per un pubblico adulto… E credo anche che Milla resterà sempre nel cuore e negli occhi della regia: Sélénia ricorda una “certa” Lilou e ribadisce il contrasto aspetto fisico/arma – la cifra del femmineo in Besson (ma attenderò il 18 marzo per festeggiare il compleanno dell’amato parigino e omaggiarne lavoro e interpreti).
Arthur (nomen omen e la spada nella roccia è eco nell’eco, Excalibur e Lilliput) et les Minimoys è perfetto mix (con richiami a Pulp Fiction – il duello/danza è un colpo da maestro!) tra personaggi reali e digitali, messaggi segreti e famiglie disgregate! (Perfino l’allergia naturale – e personale – agli ingegneri vira verso un’empatica simpatia!).
Parafrasando il SUO copione «esistono due cose al mondo che non hanno limiti: Besson e il suo modo di riprendere».

Delle Pari Molestie

Cari Kinematrixiani,

niente più Venere, niente più Marte!

Il pianeta detto Arte è il mondo perfetto: Utopia in atto. Le occasioni di molestia sono pari per tutti i sessi e tutti i gusti. Finalmente viene importunato anche Amleto, con buona pace di Ofelia – che anziché suicidarsi e farsi cibo per le rane, va a farsi un giro per saldi…
Per quanto: mal comune – mezzo gaudio, la tragedia continua. «Do ut des» e si ribolle acqua calda già scoperta (e svestita!). Inguaribile patita delle cause perse (a perenne rischio assunzione, ma non temete: è solo un rischio molto remoto!) vi supplico, per le vostre bianche ginocchia: dite NO e non DATE! E mandate a*****!
Ricordo le Idi quando vidi chiaro: il palco. Con tanto di pianto dei sostenitori «lavoro serio». Seria Mente determinata: l’Arte opera. E così inizio a Don Chichottare, ben determinata a debellare ogni malintenzionato mulino… «Non si può cambiare: funziona così!» – ripetono, inculcano. Alcuni cedono (al compromesso), altri lasciano (ad altri il ruolo di compromesso). Io ho scommesso: eliminare polvere (bianca) – polveroni (di oscuri retroscena) e riportare il sacro nel fuoco di questa povera Arte maciullata… Tanto a sentirmi dare/dire della pazza sono abituata…
Una voce sola sarà pazza – ma un coro: diventa piazza. E per cantarle bene, ecco a voi – estratti da un brano dei Gem Boy: tutta la tragica verità del comico!

***

Capuccetto disse:
«Mamma io qui non sto più non sto più
son stanca di portare focacce alla nonna!
Oramai ho deciso,
parto per Milano perché lì, perché lì,
l’artista che c’è in me finalmente riuscirà!»
(la la la la la)
Disse la mammina:
«Attenta Capuccetto anche lì, anche lì,
c’è il lupo cattivo che ti mangerà!» (ahuuuu)

Fu messa in uno stanzone dove
come lei ce n’era un milione.
Non sapeva cosa fare
allora cominciò a pensare:
«Quando entrerò,
io li stupirò
con la mia simpatia!»

Ciao, io mi chiamo…
SPOGLIATI! SPOGLIATI!
… Capuccetto.
SPOGLIATI! SPOGLIATI!
Vi faccio un balletto?
SPOGLIATI! SPOGLIATI!
So anche recitare!
SPOGLIATI!

Provini su provini
e piccole comparse

Finché, un bel giorno,
passò di lì un signore, la notò, la notò,
«Ciao, sono Valerio, so che vuoi sfondar.
(ah ah ah ah ah ah ah)
Capiti a fagiolo,
stavo cercando una come te, come te,
con le tue grandi…(OOH) qualità!
(ta ta ta ta ta).
Vieni via con me,
ma fatti un po’ vedere, girati, girati,
ti farò un contratto grande così (iiiihh) »

La portò in uno stanzino
ma c’era solo lei a fare quel provino
«Stavolta forse è la volta buona
sembra che è una brava persona
So già cosa farò:
io lo stupirò
con la mia simpatia!»

La sai l’ultima…
SPOGLIATI! SPOGLIATI!
La sai già?
SPOGLIATI! SPOGLIATI!
Ti faccio le imitazioni?!
SPOGLIATI! SPOGLIATI!
Ti recito una mia poesia?!
SPOGLIATI!

ahuuu, ahuu
ahuuu, ahuu
ahuuu, ahuu
ahuuu

E così Capuccetto rotto
imparò la morale:
che per sfondare nella vita
devi farti sfondare!
Arrivò il cacciatore:
«Perché piangi, bambina?»
«Nessuno vuol capire
che io sono un artista.»
«Io l’ho capito subito, sai,
appena ti ho vista.
Vieni via con me,
fidati perché
ci penserò io a te,
parola di Gigi!!»
SPOGLIATI! SPOGLIATI!

*
Occhio per l’IN BOCCA AL LUPO!

Nome in codice

Dicono “farsi un nome” e la prima cosa che perdi è proprio quella: l’onomastica.

Andrea, Anna, Annibale, Pietro o Penelope – non importa. Da oggi in poi dovrai rispondere al segnale “Cazzooò-subito-incòntrotèeempooo-un-tà-un-tà”: questo è il tuo nuovo nome. Nella speranza di avere per colleghi un “sei-negato-come-nessuno-mai” e una “toglietemela-di-davanti” – giusto per distinguersi, prima di apprendere che fai parte della grande famiglia “un-branco-di-impediti”.

Buongiorno! Questo è il tuo primo giorno di Teatro. Il primo dei tanti che faranno felice il tuo capo che non ha mai visto cameriere più felice di pulire cessi, dopo una decina di ore di prove!

*

 

“Perché vuoi recitare?”: ATTENZIONE! La risposta a questo interrogativo potrebbe costarti ulcere multiple e svariati crolli di nervi. Quando arriverà, fatidica, ricorda: vietato farneticare, tacere, urlare, sospirare. Fatale (e non nell’accezione sensuale!) l’utilizzo, volontario o incosciente, dei termini: hobby, mamma/papà/fidanzato/a, soldi, sogno.

Invoca la faccia tosta di Bruce Willis (che continua a sorridere anche se perennemente scalzo e ferito!) per un paio di secondi, quindi procedi. Se sei particolarmente abile potrai declamare la lista della spesa adducendo il caffè, 3 micche poco cotte – grazie e due etti di Parma quali spinte al tuo voler recitare…
Conta (tanto!) solo il tono e se li guardi (fallo!) o meno (non farlo con troppa insistenza!) negli occhi.