SANTOROCK 2008

 
29 aprile 2008 – SANTOROCK
Penelope Beach, Genova.

c.d.: Più che recensire – credo – in primis – si debba: restituire. Il valore LIVE della serata.
Si sottovaluta sempre la messa in atto dello spartito, ne convieni?

d.a.: Concordo. Sempre più spesso si tende ad arrivare ad un concerto quando magari un gruppo sta già suonando, perdendo così tutta quella parte di preparativi che rende grande un evento. Si perde insomma tutta quella parte iniziale che regala sempre piccole gioie di comunità che non sono altro che piccole dimostrazioni di come la musica possa unire e creare arte dall’arte.

c.d.: Concerto richiama e concertatum e consertum – e qui, è qui la scintilla dei gruppi: la comunione. L’evento, le emozioni – condivise. Ho visto [sgrano di occhi in festa] cantanti abbracciare cantanti [nel pre, nel post], cantanti abbracciare musicisti, dialogare col pubblico confrontare progetti, pulsioni, polemiche….Quello che non accade in altri settori [e si rimanda ai fastidiosi poeti-poeti]. L’accadere naturale – come la scenografia che sottolineava l’evento…
NON SI PUÒ APPLAUDIRE CON UNA MANO SOLA! e gli artisti del SantoRock hanno esaltato la bellezza di un semplice – quanto mai scontato – docet.

d.a.: Scenografia che, come dicevi tu, non poteva decisamente essere migliore, per un evento che segna l’inizio di un periodo di festival estivi. Immaginate una spiaggia al calar del sole, con gli ultimi raggi che sprigionano quel calore che non chiede altro che di abbracciarvi prima dell’avvento del tagliente freddo serale. Immaginate un mare piatto, scuro ma caldo al tempo stesso, che incornicia un palco circondato da anime in festa per tutto quello che succederà nelle ore a seguire. Un palco con casse che fuoriescono ad ogni angolo. Un palco con lampioni che parevano vere e proprie marionette venite fin lì solo per assistere loro stesse all’evento. Un palco con bambini che muovevano i loro primi incerti passi, inseguiti dai genitori con gli strumenti in mano. Immaginate tutto questo, e socchiudete gli occhi. Perchè la musica, oramai, sta per iniziare.

c.d.: Dopo la Foscoliana descrizione del Pazu – preda dello sturm und drang – si passa allo sturm und drum! Mentre Valle, Santa Donna, è alchimia che collega e colleziona demo – volti e voci note: Machine Gun Kelly, Bad Boys of R’n’R, Accidia… Il front-man dei Pornoshock [prima della metamorfosi, della muta carismatica/cromatica] sorride tra il check sound e la disperata ricerca di un bagno; il cantante dei Gandhi’s Gunn supervisiona e sostiene tutti; noi di Genovatune siamo in attesa, in cerchio [a criticare chiunque si improvvisi – e, pronto, il BASSISTA PURO sfodera la carta d’identità. Alla voce: professione – risponde la scritta musicista. La vita di chi si consacra [ e Santo non è attributo casuale, ad rock, ad hoc]. Tempo di ribalta e di/da scaletta…

d.a.: L’onore di iniziare a lasciare che i toni comincino a diffondersi per l’aere tocca quindi ai GANDHI’S GUNN e al loro stoner dalla presa immediata. Suoni pesanti e canzoni possenti, ritmiche incalzanti. Avevo già avuto la fortuna di assistere ad una loro performance in precedenza, e ciononostante rimango sempre colpito dal continuo miglioramento. Il pubblico inizia poco per volta ad aumentare, e si avvicina con occhi incuriositi verso il palco, mentre le teste iniziano ad ondeggiare annuendo a suon di musica e metallo.

c.d.: … e sia: NOMEN OMEN. E loro sono presagio: dobbiamo diventare il cambiamento che vogliamo vedere – e si fiuta il nuovo, il giovane che contamina e carica [a testa dura a testa alta] – contro ogni muro. E ancora: chi perde la sua individualità perde tutto e Gandhi sposa il ritmo – di uno scandire preciso, originale e origine – del mondo che non tarderanno a rendere proprio.

d.a.: La luce è oramai un ricordo quando viene il tempo degli ZERORESET. Classica formazione a quattro, come se fosse una dichiarazione di intenzioni di quello che andranno a suonare. Impatto sonoro, con suoni graffianti e chitarre melodiche che non faticano ad andare a raggiungere perfino le orecchie di coloro che stazionano nelle retrovie. Impatto sonoro, con una voce portavoce di tragedie e sofferenze, come se volesse mondare il mondo con la sua presenza e l’aiuto di quei tre strumenti che la circondavano fieri ed ostinati.

c.d.: Dichiarazione che conta e chi conosce – inizia sempre a contare da Zero. Cavalcando una cometa, da Betlemme alla Superba – l’impasto e l’imprinting è immediato: in ascolto. Nessuno a prevalere, forze calibrate, giuste dosi. E amalgama resa. Per una manovra diversa che rende giusto/gusto il/al tutto. Come si commenta [e ci si complimenta] con Mik, il sopra-citato bassista puro che è parte della parte che tutto resetta. E si riparte e si riforma. Con i FUNGUS…

d.a.: Con i Fungus i suoni si attenuano un po’, ritrovando parte di quella pace e quiete acustica che non significa per forza di cose tranquillità. Le sonorità sembrano assumere qualche anno in più sulle spalle, con una ruvidezza compositiva che sembra mancare nell’ultimo decennio. Salta la luce.
Salta la luce, e tutto tace per qualche secondo, tranne la batteria che continua il suo cammino imperterrita e sicura. Salta la luce, e il pubblico grida. Torna la luce, ed il pubblico esulta. I Fungus riprendono il loro cammino da dove avevano interrotto.

c.d.: … e aggiungono peso all’anima [dai 21 ai 25] – ogni nota è grammo – per la loro ricetta che miscela più radici – e servono l’impasto caldo, vibrato e sotteso. Una cifra altra dall’essere frutto/figlia del caso. Capitolo PORNOSHOCK: Chapeau al Carisma! E si apre il sipario: la presenza scenica – per chi pratica altri Palchi – è applauso di pupille in festa. S-brani di rose e specchi e goduria del gioco. To play: è corda è corpora – tesi – protesi al pubblico, investito, travolto, complice. Tra denuncia e divertissement – sangue in fieri. Senza perdere una battuta.

d.a.: Poche sono le parole che ancora non sono state spese sui Pornoshock, e quindi mi vergogno quasi a cercare di descrivere ancora una volta il loro rock che aggredisce e culla allo stesso tempo. Il Giallo [oh, se si chiama così non è colpa mia] è un ottimo conducente per quel treno di desideri voluttuosi e carnali accompagnati dalla gioia di incrociare ogni singolo strumento in un’esibizione accaldata e vissuta fino all’ultima goccia di sudore.
Vorrei non invecchiare dentro, solo per poter avere ancora la possibilità di continuare ad assistere ad un altro concerto dei Pornoshock. Vorrei non invecchiare nel tempo, per essere ancora qui, domani sera, a sentire ancora una volta ogni loro canzone. Vorrei non invecchiare mai.
Trova un difetto e saranno perfetti. Trovalo, se ci riesci tu. Io, proprio non riesco.

c.d.: Un difetto? Il vocalist mi promise la rosa che poi – soavemente – dilaniò… E il gambo reciso fu raccolto [cimelio/feticcio] da fan in prima fila [ma gli si perdona tutto;)]. In compenso sfoggio con piacere la spin dei VANESSA VAN BASTEN [tra gli entourage più attivi e coinvolgenti]
E siamo al dulcis in fundo…

d.a.: Ed è proprio dolce il naufragare in quell’ultimo mare che sono i Vanessa, perchè riesco sempre a farmi cullare dalle loro sonorità come se fossero una ninnananna in versione macabra e distorta. Forse non è proprio il genere di musica che consiglierei ad una neo-madre per far assopire il proprio figlio, ma so che resterò con il dubbio finché non proverò. Il pubblico chiude gli occhi per ascoltare con più attenzione ogni singola nota che si sprigiona nei minuti in cui il gruppo è sul palco, e non riesco a dar loro torto. Non riuscirei a vincolare la musica dei Vanessa Van Basten in una definizione che li avvicini a questo o quell’altro gruppo, o che li rinchiuda in un genere musicale.

c.d.: «Ho visto mille volte che gli angeli hanno forma umana e mi sono intrattenuto con loro come l’uomo si intrattiene con l’uomo, a volte con uno solo, a volte con più di uno, e non ho visto nulla in loro che differisse dall’uomo in quanto alla forma. Affinché non si potesse dire che si trattava di illusione, mi è stato concesso di vederli in pieno stato di veglia, mentre ero padrone di tutti i miei sensi ed in uno stato di limpida percezione.» – ed è chiaro spartire – col pubblico – quella stanza, quell’aria piendi echi [Swedenborg e la consapevolezza che le parole sono segni, così le frasi, così i fraseggi]. Il mood est modus. Nomina sunt Numina. E i Vanessa sono l’atmosfera del bios – che trascina.

d.a.: E come tutte le più belle cose, anche questa sera volgere infine al termine. Ma non la musica, che grazie alle capaci e possenti mani dei ragazzi di VOLÙMIA [Renna & Co] continua a infrangersi nei cervelli, nel centro – che ferma. Le ultime canzoni dopo quest’orgia di emozioni e sensazioni che si perdono nel buio della notte, ma non si spegneranno sotto la luce dei ricordi. Le ultime canzoni prima di chiudere gli occhi, ed è subito l’alba.

c.d.: Si lamenterà [lo farete, tranquilli!] che questa non è una VERA E PROPRIA recensione. Stretti all’etimo: rècenseo – si è passato in rassegna – chi già è. E sa. Stanchi degli emergenti a vita. Quando è tecnica, è consapevole strumento, quando è studio, talento e credo. Quando le basi sono solide. Da tempo. Dai tempi e dagli accordi incisi. Non resta che: SENTIRE. Muovere il culo e il collo [headbanging dei sensi] – e ringraziare. Nell’a presto del BIS. Nel ricordo di Dino Basili: il sordo peggiore di quello che non vuol sentire è quello che non ti fa neppure aprire bocca perché è convinto di sapere già tutto.
E Ike Turner ringrazia.

  Daniele Assereto e Chiara Daino per Genovatune

Chiara Daino e Daniele Assereto

L’ULISSE: POESIA E TEATRO, TEATRO E POESIA

«Cessate, o poeti, il vostro teorizzare,
i contrasti furon da sempre insoluti;
con un piede metrico e l’altro in corpus,
mai furon costanti gli allori.
Dunque cessate, più non cavillate
e lasciate sentir chi lo fa;
e siate uniti e le diatribe mutate
in un vario trallallerollelollà.
Non cantate più strofe accaniti
non più canzoni trite pien di gara
i contrasti furon da sempre insoluti,
dacché la prima pietra mise verbo.
Dunque cessate, più non cavillate
e lasciate sentir chi lo fa;
e siate uniti e le diatribe mutate
in un vario trallallerollelollà»

[W.Shakespeare, Molto rumore per nulla, liberamente tradotto e – (re) interpretato]

 

http://www.lietocolle.com/ulisse/

“Poesia e teatro, teatro di poesia
(vol. II)”

POLITICA, PAESE E PAESANI


La sicurezza del potere si fonda sull’insicurezza dei cittadini.
[Sciascia]

«Ma tu non parli di politica?»

In primis: dov’è la polis? La psychè poleos? De Profundis? Non assecondo. Ti dico: tutto è politica. Sempre. Specie: per chi è pagina/palco/presenza – pubblica. E trova le differenze: tra l’eletto che consiglia un matrimonio d’interesse e la valletta che si spoglia e guadagna. [Gaber dixit: un figone resta sempre un’attrazione che va bene per sinistra e destra]. E le piazze piene per la gloria del pallone [che sono fieri di vincere i mondiali] e le piazze vuote per le giuste cause. E sono sempre altre – le pupille irritate, le mani del male. E tu dov’eri? Cosa facevi? Negli anni? Nel tuo piccolo? Quale quotidiano? La dignità dove l’avete persa? Prediche e pulpiti il giorno – a puttane e pestaggi la notte? Quale coscienza civica quando compri i rotocalchi nei gironi di gossip e insegni ai tuoi figli che bella figura è il fotografo più feccia d’Italia? Quando il giovane si chiude nel suo angolo ottuso [se scoppia una guerra civile – mi ritiro e coltivo pomodori. 26 anni davvero ben spesi, oh maschio medio e mediocre!]. E quando te ne fotti di tutto – quello che non ti riguarda, non ti tocca. E si tace. E si piange all’estero e si calpesta la patria. Senza memoria, senza cultura che radica. Ti senti Italiano a sprazzi? E sia sempre: Cannavaro e mai Caravaggio! Non sia mai dare alle stampe un po’di spessore. Non ci pensare. Prenditela pure con i piani alti – e resta nel basso [continuo] della tua miseria.

 

Chiara Daino

E ci promettiamo in coro…

PENTHESILEA (nel delirio di Artaud)

Fondazione Aida Teatro Stabile di Innovazione
presenta
per la Rassegna “ATTO III
(Stagione Teatrale 2007⁄2008)
TEATRO FILIPPINI
Vicolo Dietro Campanile Filippini, 1- Verona
Sabato 12 aprile ore 21:00
il seguente spettacolo:

Nevio Gàmbula

 

PENTHESILEA (nel delirio di Artaud)

da H. Von Kleist 

 

Torna in scena ai Filippini, ad un anno di distanza, l’ultimo lavoro di Nevio Gambula, attore torinese da sempre impegnato sulle scena di un teatro critico e di rottura con le convenzioni linguistiche e formali. Anche Penthesilea, al suo debutto veronese, sarà esperienza del limite: il limite del corpo e il limite della voce. Il corpo contratto che dice il disastro di essere costretto dentro le forme sociali e culturali, che dice il disastro della civiltà al suo tramonto. “La performance”, spiega Nevio Gambula, “è rigorosa gabbia ispirata a un concetto di recitazione come insolita e radiosa epifania”. Una recitazione che, come già ci ha abituato Gambula, è una canzone atroce, popolata di rumori, gesti vocali dissonanti, movimenti spezzati, immagini estremamente evocative. Un ultimo canto, dove la voce tenta di uscire dai suoi stessi argini.

Ingresso: intero 8,00 euro, ridotto 6,00 euro (anziani, studenti, valido per tessere FNAC, Galassia e Amici della Fondazione)

 

 

 
E CHAPEAU A NEVIO!