I DID IT MaY WAY


[intervista Borchiata in Chiave Alfabetica:
Dama Daino conversa con May Manager]





ALCHIMIA E AGENZIA
Operare per promuovere altri. Perché?
Perché personalmente non ho Opere mie da promuovere. Alchimia è parola ‘magica’. L’Alchimie des Ténèbres è il nome che scelsi per fondare l’Agenzia di Management, Booking e Promo Underground in Francia nel 2009, diventata poi L’Alchimie Agency e recentemente I.D.I.A.
Per alcuni anni mi sono esibita: spettacoli di danza e cabaret, puro café théatre. Mi divertivo, ma col tempo mi sono stufata. Essere dall’altra parte del Palco è diverso: meno egotico e meno immediato, ma mi gratifica maggiormente e mi dona soddisfazione, potente e altra.

BRAVURA E BRUTALLARA
Nel Multiverso Metallaro, perché scegliesti di rappresentare gruppi estremi o “di nicchia”?
Non mi piace il termine ‘nicchia’ (che è una sorta di sottobosco nell’Underground). Per me non è sinonimo di qualità e, per la maggior parte delle band, è una trappola: è un termine settario. Io lavoro con – e per – l’Underground.
Lavorare con band conosciute porta soldi facili e notorietà: l’ho fatto spesso per conto di altre agenzie, ma non mi divertivo e non condividevo il modus operandi. Esistono miriadi di bravissime band Underground, nazionali e internazionali, in cerca di serietà e di professionisti specializzati per quanto concerne il Management, la Promozione e il Booking.
La maggior parte di chi suona nell’Underground ha un lavoro alimentare, poca conoscenza dell’ambiente e pochissimo tempo per potersi occupare anche del lato ‘commerciale’. Lavorare con band sconosciute o poco conosciute per diffondere i loro spartiti – è una sfida: richiede passione e abnegazione, tanto lavoro, tanta pazienza, competenza infinita. È un delirio molto stimolante.
Per quanto riguarda invece il perché dell’Xtrem – forse lo prediligo non essendomi mai piaciute le cose tiepide (in ogni ambito)! Battute a parte, ascoltare musica Xtrem mi ha sempre aiutata a pulirmi dalle ‘scorie’ energetiche negative e a canalizzare una certa rabbia, una rabbia certa. Una sorta di catarsi insomma.

CONOSCENZA
I migliori e i peggiori che incontrasti? [Non esigo nomi: soltanto cognomi].
I migliori in assoluto senza alcun dubbio: Gabriel Mafa dei Negura Bunget (rimarrà sempre presente nel mio cuore, anche per la sua dolcezza) e Sakis Tolis dei Rotting Christ (uno dei migliori frontman di sempre, disponibile, comprensivo e dalla mentalità sbrigliata). Per quanto riguarda i peggiori (cercherò di essere delicata e diplomatica): i disonesti e le pseudo ‘rockstar’ (l’arroganza, l’ignoranza e la maleducazione che procedono di pari passo) meritano soltanto uno sdegnato silenzio.
Mi fermo qui. Il resto, nel dettaglio, lo svelerò nel libro che prima o poi pubblicherò.
[Dlìn Dlòn, comunicazione di servizio: si avvisano editori truffaldini che May vanti Daino da guardia; N.d.R.].

DESTINO
Credi a Crono? Un gruppo vale se vince il tempo o ogni tempo ha il suo gruppo?
Più che a Crono credo all’Intelligenza del gruppo meritevole. Un gruppo oggi vale se ha la mentalità adatta per muoversi nell’ambiente, se capisce l’importanza di interagire nel modo giusto con chi ci lavora e se dialoga col pubblico che cambia. Questo fa sì che un gruppo duri nel tempo. Un esempio? I Rotting Christ: hanno saputo farsi amare anche dalle nuove generazioni grazie ad un’evoluzione nello stile (che piaccia o meno ai puristi), costruendo ottime relazioni con gli addetti ai lavori e con il pubblico.
Ovvio che ci siano le meteore sbucate dal nulla (spesso pagando profumatamente chi di dovere), ma durano il tempo di un tuono e finiscono nel dimenticatoio.

ESSERE
Essere o fare? May, è AUT-AUT? «Essere Artista» o «fare l’artista»? Medesima fuffa? Coscienza della stoffa o stessa spocchia? Tutte menate da critico segaiolo? E quelli che si definiscono «artigiani» dello spartito?
Secondo me non si può ‘fare l’Artista’: o lo sei o non lo sei. Puoi fare il musicista, lo scrittore, il pittore ed essere bravissimo, ma non sei automaticamente un Artista. Come non basta ottenere un diploma o un premio, un certificato o una laurea (rimango sul vago) per diventare Artista. Conosco sia musicisti autodidatti che considero Artisti puri, sia musicisti con mille attestati che chiamo “virtuosi dello strumento”: tecnica eccellente, ma passione carismatica? Non pervenuta. Secondo la definizione di Arte, l’Opera deve suscitare: se non lo fa non è Arte. Se non lo sai fare – Artista non puoi essere.


FRANCESE
Misogallo o Vive la France?
Touché! Avendo vissuto più all’estero che in Italia (e la maggior parte della mia vita in Francia), avrei tanto da dire. La prima volta che andai in Francia in vacanza, mi piacque al punto da decidere di trasferirmi. Poi, come succede per ogni Paese (non credo sia possibile amare un Paese al cento per cento vivendoci), una volta insediata – le cose sono un po’ cambiate. Ho vissuto in vari dipartimenti (Aude, Alpes-Maritimes, Indre, Corsica, Sarthe, Parigi, Savoie, Var) e lavorato con la totalità delle regioni francesi. Conosco molto bene il Paese e la sua Cultura (che ormai fa parte di me). Ho avuto difficoltà ad adattarmi a certi posti per la mentalità della gente e per il clima, ma ne ho sùbito adorati altri aspetti. Apprezzo molto l’efficacia del sistema, la semplicità, l’efficacia della burocrazia e l’ampio ventaglio di possibilità lavorative. La mia regione del cuore è senza dubbio l’Occitanie; il dipartimento preferito? L’Aude.
Per rispondere, quindi, alla tua domanda: Vive la France!

GRIND
Corretto trovi il rutto? Il Volgare, per Te, è etimologico o politico?
Per quanto riguarda il rutto – non ci ho mai pensato: direi che di solito mi lascia piuttosto indifferente e non mi fa ridere quando è ostentato ad oltranza. Il Volgare in Letteratura mi piace, nella vita di tutti i giorni invece non ci faccio caso. Posso adattarmi ad ogni circostanza se serve (ho lavorato anche in un’Ambasciata, anni fa, a Roma), però sono a mio agio solamente quando posso essere veramente me stessa. L’Alien che è in me fa fatica a rimanere nei panni stretti e costretti della diplomatica
[Il Merlo raccontò al Corvo quanto fosse nero, N.d.R.].

HEAVY
Chi e cosa, alle generazioni nuove e future, indicheresti come sinonimo di Heavy?
Paradossalmente: è una parola che non mi parla molto. Se dovessi indicare qualcosa e qualcuno alle generazioni presenti e future – sicuramente citerei i soliti Classici gruppi Heavy Metal. Poi? Non so. Heavy? Mi ricorda la Cucina, ma non mi viene in mente un termine culinario calzante… Heavy Cream (panna intera, rire)! Uah uah uah! Accetta la risata come risposta, perché non saprei dirti di più.
[Ringrazio Ronnie James non Le venne in mente cream pie! Heavy e Hard sono imparentati, ma eviterei dover spergiurare a Sua Maestà l’Algoritmo essere entrambe maggiorenni; N.d.R.].



I.D.I.A.
I Did It Again. Come concateni Pop e Metal – nel tuo rinascere Fenice?
Effettivamente il nuovo nome dell’Agenzia era I Did It Again (ora resta soltanto come acronimo). Ispirato dalla celebre canzone di Britney Spears e scelto perché volevo dire proprio quello e proprio questo (l’ho fatto di nuovo) avendo chiuso l’agenzia a luglio e avendola riaperta a novembre dello stesso anno. Fenice Fiera e Testa Testarda.
Non è mai stato (MAI MAI MAI) un segreto, inoltre, che io ascolti vari generi di musica (Metal, Rock, Pop, Gothic, Opera, Musica latina, R′n′B; et cetera). Nasco come ribelle e continuo ad esserlo. Ascoltare Britney Spears o Rihanna lavorando nel Metal è una sorta di ribellione, mi senti ridacchiare?
[Ecchenunceloso? Passai anni a rivendere, prezzi da strozzino, i cd di Biagio Antonacci a oceani di Bassisti True Metal, in epiche e trite crisi sentimentali, perché non osavano acquistarli – firmando patto di riservatezza, perché potessero poeticamente piangere conclusi in saletta. Immagina Tu QUANTO io consideri Ribelli e Trucidari certi Metallari; N.d.R.].

JOKER
«And dont’ forget the joker». Ti senti «La Matta» scartata dal mazzo?
Fin da piccola mi sentivo diversa. Passavo ore a leggere libri di ogni sorta piuttosto che giocare con gli altri bambini che trovavo noiosi. Mi sono creata un mondo parallelo dove mi rifugio ancora quando il mondo vero fa troppo male o mi mette a disagio. È un mondo popolato da vampiri, fate, gnomi, streghe e animali fantastici; chi mi conosce bene e fa parte della mia cerchia intima ne ha sentito parlare spesso – eh eh eh!
Non mi metto negli stampi (di qualsiasi genere essi siano); faccio come voglio, non mi piacciono le mode e rimango scomoda per la coerenza: dico quel che penso, penso quel che dico, faccio sempre quel che ho pensato e perciò l’ho detto e per questo l’ho fatto. Hai capito! Sono un’Anima libera, un Alien con la mente tormentata dal dover vivere in un mondo simile (segue risata, amara)!
Concludendo e rispondendo: più che matta scartata dal mazzo diciamo che mi autoscarto (e di sicuro non sono ‘la Matta’).
[Giusto. Non mischiamo le carte, belin. La Matta son io, gran figlia di Lemmy e nota Biscazziere; forse avrei dovuto chiederti quanto apprezzi le canzoni dei Jumanji – giuro esistano – ma intervista in chiave alfabetica prevede scelta. N.d.R.].

KILLER
«Smiling like a». Kilmister. Perché, secondo Te, nessuno la ruga a Lemmy?
Premetto che non ho mai amato i Motörhead (come neanche gli altri ‘Classici’) e non sono mai stata fan di Lemmy.
[STOP! Premetto, da Professionista, dovrei essere asettica e neutrale, ma NON sono Isvizzera. Rispettando May: mi faccio forza, ricordandomi di non aver scuoiato chi sostenne David Bowie fosse stonato. Posso convivere con chi non ami Motörhead. Posso. Posso? La mia migliore amica è astemia. Belin, posso. Ha messo anche i röck döts, bella May, bella Lei. Onesta. N.d.R.].
Dama, io penso che Lemmy sia ancora così idolatrato per il suo approccio alla vita, i suoi eccessi, la sua comunicazione senza paletti. La gente è sempre meno abituata a confrontarsi con la verità, preferendo non andare contro la ‘corrente’ per evitare gli scontri e le discussioni (che sono molto faticosi, ma secondo me necessari per una comunicazione fluida e senza problemi). Quindi lui è un po’ un antieroe dei tempi moderni, e questo tiene accesa la sua notorietà, sia per chi ha vissuto quegli anni ed aveva il suo stile di vita, sia per chi avrebbe voluto ma non ha mai potuto essere così.

LUSTRO
Un ricordo che ti rende Fiera?
Organizzo raramente i concerti, ma propongo le nostre band ai Locali, alle Associazioni e ai Festival (e questa è una delle varie differenze che distingue I.D.I.A. dalla maggior parte delle agenzie italiane). Una volta i musicisti di una nostra band svizzera persero tutti gli strumenti nell’incendio della loro sala prove. Ci rimasi veramente male anche io, cosi organizzai un Festival di due giorni con varie band e l’aiuto di un’Associazione lionese per aiutarli. Fu un lavoro immane, ma il risultato ripagò.
[Giuro aver inserito inciso precedente senza aver letto! NON sono stata io a bruciare strumenti degli Svizzeri; N.d.R.].

METAL
Ti tocca. Metal è…?
– Salvezza. Come per tanta gente: il Metal è stato la mia ancora di salvezza nei periodi bui.
– Catarsi. Come accennavo prima: il Metal mi ‘pulisce’.
– Alternativa. Al crimine. Ascoltare Metal (mi) calma la rabbia e (mi) impedisce di commettere atti criminosi, eheheheh!
– Una droga. Uno degli antidoti miei: mi permette di sfuggire alla realtà quando è insopportabile e venefica.

NONNISMO
Ai nostri tempi si chiamava così. Incarnare καλοκἀγαθία (‘kalokagathìa’) quante menate ti regalò?
Sinceramente non mi sento proprio così! Non mi sono mai sentita bella, ma ho sempre studiato e lavorato duro per essere brava, questo sì! Ho sempre gettato il Cervello – oltre l’ostacolo. Non il mio corpo. Non mi sento perfetta per niente, anzi! Non saprei neanche dire cosa sia la perfezione. Indi per cui rispondo che questa condizione non mi ha mai regalato menate.

ODINO
[e batti accento dove timpano tuo decide]. Credi in Dio? In Ronnie James? In? Domanda per addetti ai chiodi.
No, non sono mai stata fan. Sono passata dalla New Wave (The Cure, Depeche Mode, etc…) all’Hard Rock (Alice Cooper, Aerosmith, Guns N’ Roses, etc..) e al Metal Indus/Gothic (Rammstein, Marilyn Manson, etc..); poi di conseguenza al Black Symphonic (Cradle of Filth, Dimmu Borgir) e da lì a tutto il resto.
[Senza Dio, ma battezzata dal Reverendo; quant’è curiosa May meravigliosa! N.d.R.].

POLIGLOTTA
Essere poliglotta – fortifica o mortifica?
Uno dei miei punti forti è la comunicazione, quindi mi sono specializzata studiando linguaggi e lingue. Purtroppo mi sono dovuta fermare a 4 (anche se l’Italiano l’ho un po’ perso avendo vissuto buona parte della mia vita all’estero), ma mi sarebbe piaciuto studiarne almeno una quinta; anche se il Sardo vale come quinta e PNL come sesta. Essere poliglotta mi ha permesso di poter vivere facilmente e spostarmi in vari paesi europei, mi ha reso indipendente e atta a lavorare in vari campi in ambito internazionale. Senza dubbio quindi direi che: fortifica.



QUEEN
Regina o pedina? Scacchi o Dama?
Spesso pedina, mio malgrado, in conoscenza di causa e non! Più che Regina son nata Guerriera e mi ci trovo sempre meglio in questo ruolo. Per quanto riguarda i giochi: né Scacchi né Dama! Mettici una risata.
[Tsk! La Tua o la mia? N.d.R.].

RANCORE
Risentimento e riscatto. Li vivi o ci convivi?
Come tutti: a volte vivo il risentimento, ma poi ci lavoro su, lo faccio svanire, giro pagina e vado avanti. Non ho tempo né energie da sprecare con il risentimento. Il riscatto? Boh.

SARDEGNA
Isolani o isolati?
La Sardegna è l’isola natale di mia madre, parte del mio DNA e su coru miu! Ce l’ho nel sangue e mi sento a casa soltanto lì. Se gli Italiani la considerassero Strange Island sarebbe veramente valorizzata e non sfruttata come è adesso. Le sue ricchezze (storia, archeologia, paleontologia, natura, musei, gastronomia, arti tutte) sono più conosciute all’estero che in continente (dove la associano, per lo più, soltanto al mare meraviglioso). Isolati gli Isolani? Sicuramente. Colpa dei prezzi sproporzionati e della scarsità dei trasporti.

TENSIONE
Tu sei una forza di trazione. Masochismo, Fisica o Dedizione?
Masochismo: a volte, sicuramente. Se ci credo: dono e mi dono fino in fondo, anche quando mi faccio male.
Fisica: cerco di tenermi sempre in forma perché amo essere forte e sto bene solo così.
Dedizione: ci vuole, per forza. Quando si ama deve per forza esserci la Dedizione, senza non è Amore (e parlo di Amore in generale, per le persone ma anche per tutte le piccole cose di ogni giorno). Peccato che anche questo sia un valore ormai scomparso…

URGENZA
Cosa ti preme e cosa ti perplime?
Mi premono con urgenza la necessità di comunicare, la verità, l’onestà, la chiarezza, il rispetto – sempre di più! E sempre più mi perplimono la vacuità, la leggerezza, la falsità, la disonestà e la maleducazione crescenti.

VOLONTÀ
«Volli, e volli sempre, e fortissimamente volli». Alfieri borchiata, ti fai legare alla sedia o credi basti la forza – di volontà? Credi basti in questo immondo asettico e superficiale?
Per avere una forza di volontà ferrea bisogna lavorare sul mentale. Ho iniziato a lavorare sul mio mentale a 11 anni con un maestro di karate – e non ho mai smesso. La mia forza di volontà è una delle qualità che mi rende più fiera, senza alcun dubbio. Quindi non ho bisogno di farmi legare alla sedia; però: no! Non basta la forza di volontà in questo immondo asettico e superficiale, anche perché troppo è quel che non dipende esclusivamente da noi, hélas.

WE [ARE THE METALHEADS]
Credi sia ancora valido il Motto Doro e i Metallari siano compatti? Impatto sociopolitico è ancora presente? Infutura? Sostiene? Le suona?
Manco Doro mi è mai piaciuta! Cascata di risate.
[A breve scoprirò May, in realtà, sia poetessa bucolica in incognito, ingaggiata dai colleghi che insultai affinché ulcera mia diventi perforante e letale: melena e collasso, belin. N.d.R.].
No, anche il Metal ormai è lo specchio di una società molle e senza attributi. Tutti a piagnucolare e nessuno a muoversi per cambiare le cose. E la compattezza manca crudelmente anche nel Metal in Italia (all’estero è ancora abbastanza facile trovare unione e collaborazione), dove tutti sono in competizione con tutti, e fanno a gara a chi ce l’abbia più grosso (l’orologio) invece di unirsi per creare bellezze e dare possibilità a band meritevoli di rilucere.

XXX
The number of the BEAST! Algoritmo puritano Ti creò problemi? Pornografia di bassa lega è accettata, ma è SEMPRE colpa dei Metallari. Non reputi credano Satana sia idiota esibizionista che sia autodenuncia?
Non credo in Dio, non credo a Satana, non sono puritana ma credo ci debbano essere delle regole per quieto vivere nel rispetto. In ogni società sembra debba esserci per forza un capro espiatorio; colpa dei Metallari? Ultimamente? Non saprei… Bisognerebbe anche smetterla di abbinare il Metal a Satana e a tutte quelle decorazioni cliché che rendono ridicolo lo spartito borchiato. Ormai anche la maggior parte dei gruppi Black Metal (per fortuna) intona argomenti molto più interessanti. E spesso la realtà di ogni giorno è ben più terrificante di Satana e facce pittate. Comunque: le peggio schifezze e abominazioni le ho viste negli ambienti Rock e Gothic.
[E me lo scrivi così? Perché non mi aggiorni? Burzum, ora, scrive canzoni per celebrare Gödel mentre Bon Jovi scuoia cuccioli di foche nane in Antartide con Tilo Wolff per essiccarle, sbrinzarle e condire i fusilli al peyote di Steven Tyler? Belin, è tanto che non vedo Tiranti, ma spero non voglia scuoiarmi per pulire parabrezza. N.d.R.].

Y.M.C.A
Pare il Metal sostenga e fomenti discriminazioni. Zio Halford se la ride; la tua esperienza cosa favella?
Non ho mai visto o sentito pregiudizi del genere nel Metal (anzi!) quindi non saprei dirti…

ZIGGY
Sii Bruja! Chi potrà – oggi – immortalarsi quanto il Duca?
Nessuno! Il vero problema non è la mancanza di Artisti o di band Metal, ma la mancanza di nuovo pubblico attivo e reattivo (cercate e sostenete le band Underground, non sempre i soliti Quattro grossi nomi!). A breve ci estingueremo e non ci sarà altro che trap e monnezza varia!
[Mi garba oltremodo questa chiusa, carica di speranza e fiducia filantropica. N.d.R.]

L’Architettura della Colpa

Esistono luoghi particolari dove le diverse forme d’arte, i differenti linguaggi e le specifiche modalità operative sembrano trovare una misteriosa ma necessaria congiunzione nel segno della contiguità e della complementarietà. 

È il caso di questo piccolo libro “sacro” dove ciascuna delle due autrici, ognuna per la propria parte e con il proprio modo personale di attraversare territori immaginari, propone un unico racconto fatto di segni minimalisti, di simboli, di parole e di frasi folgoranti ed evocative.

Se il genere dell’illustrazione della letteratura ha precedenti notevoli, ma che quasi sempre restano in subordine rispetto al testo, qui viene compiuto e realizzato un lavoro in perfetta sinergia: un’unica opera dove il visivo, fatto di immagini iconiche e calligrafiche, si sovrappone e si compenetra con il testo, evocativo a sua volta di immagini.

Un’unica opera dove gli ex voto, le icone, i segni, i graffi di Ginevra Ballati catturano il nostro sguardo e lo imprigionano attraverso delicate, evocative, astratte, sensibili, misurate immagini, mentre le parole, le frasi, le imprecazioni, i dolori di Chiara Daino si rincorrono, si richiamano, cadono (si rialzano), ci vengono incontro, giocano con il lettore e la lettrice catturando la nostra mente. 

E così si compie un fantastico processo alchemico il cui risultato è Dea Culpa.

Godetene tutti!

Pietro Millefiore

Genova, 13 dicembre 2023

Dea Culpa [Breviario per l’Anima stanca]; di Ginevra Ballati e Chiara Daino; prefazione di Andrea Magno; postfazione di Marco Ercolani; Ursamaior Edizioni; 2023.
https://www.amazon.it/dp/B0CLL1RL5K/

La Nonna e il Macellaio [cotenna di Dea Culpa]

«Nonna, io amo il pirisciutto. Ho tre anni tre e nessuno mi risponde. Ho tre anni tre come i porcellini della storia, ma perché i grandi non hanno tempo per la mia domanda? Come finisce la storia? Dopo: che fine fa il lupo? E i porcellini, nella casa di mattoni, erano felici o litigarono? E il mio prosciutto, si dice così? Da dove viene? Da un porcellino che meritava di morire? Io ho sempre fame, ma non so se ucciderei un porcellino, ecco».



«Trottolino mio, è per questo che il BUON DIO ha inventato i Macellai. È forse colpa tua la decisione di un Dio onnipotente e onnisciente?».

«Non so, spero di no».

«Ecco. Te lo dico io e io non mento».

«E le guerre? Perché lo stesso Dio che ha inventato il Macellaio ha inventato anche le bombe?».

«Trottolino, il BUON DIO ha inventato il Macellaio, ma le bombe e le guerre sono invenzioni dell’essere umano e del libero arbitrio. Potrai capire Dio, ma sei troppo intelligente e troppo sensibile per capire a quali barbarie giunga la gente».

[Addentai il mio panino col pirisciutto, chiedendo più Macellai per tutti e meno Supereroi da fumetti].




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DEA CULPA: Bernardi e la riflessione che non è recensione



 Bastano tre calendari sulla schiena e già cominciamo ad assemblare immagini e parole, con la foga dei bambini che hanno trovato nel senso comune il nuovo giocattolo preferito. Cresciamo incastrandole fra loro come piccole, mostruose vertebre. Già ci condanniamo a passare l’età dei ripensamenti nel tentativo di disincastrare quelle vertebre schiacciate, sempre con la pretesa di farcela da soli (siamo tutti geni incompresi, n’est-ce pas?). Ma fin tanto che questa pretesa resta nel nostro spazio ridotto non può che portarsi dietro tutti i suoi problemi posturali, che ad ogni ticchettio d’orologio si fanno più granitici. 

 Potremmo approcciarci alle arti letterarie e visive con lo stesso amor proprio con cui ci si approccia a una fisioterapia, ma il più delle volte preferiamo schiumare bava con l’aggressività degli animaletti chiusi in gabbia: “troppi libri!”, “tutti artisti!”, “chi recensisce vuole essere recensito!”. Allarmati: siamo allarmati. Sempre nella convinzione che concedere spazio altrui debba necessariamente significare rinunciare a uno spazio proprio, senza neanche prendere in considerazione l’idea che – al contrario – possa allargarlo. Tanto più se parliamo di uno spazio ch’è un’apertura alare, che va dall’immediatezza dell’immagine alla stratificazione della parola.

 E come potrebbe generare spazio questo affastellarsi visivo-concettuale? Semplice: le arti letterarie e quelle figurative, malgrado le pressioni similmafiose che ricevono da ogni lato, possono ancora scegliere di non essere performative. Possono ancora esistere mefistofelicamente, come pura negazione dall’intrattenere le masse. Di modo che le varie chiare e ginevre di turno possano smembrarle, scarnificarle, ripulirle e riassemblarle nello spazio bianco dell’intimità. Il non assistere a questa operazione (che pure sarebbe gettonatissima nelle terrazze romane e nei garage milanesi) ci rende fortunatamente, sanamente suscettibili all’impatto. Non devono esistere premesse al ritrovarsi davanti a una staccionata di candele, che cinge un praticello di spine e buchi neri, dove occhieggiano una casa senza porte, un cuore forato, una testa di pesce. A farci da guida un Virgilio diafano che ha i femori al posto delle scapole. È ciò che deve accadere nell’immediato.

 Perché sennò abbiamo tempo di edificare, di ricostruirci il nostro sacro spazio ristretto: ci diamo tempo di dirci che una staccionata di cera avrebbe un costo enorme, che annaffiare le spine è attività malsana, che i buchi neri vanno riempiti e le finestre non sono tagli e un cuore forato sarebbe un organo morto e una testa di pesce magari no e in ogni caso i femori fanno comodo lì dove stanno!

 Nel frattempo le vertebre del senso comune cric crac continuano a schiacciarsi le une contro le altre, le cartilagini mandano lettere da terre straniere. E nei nostri trasportini, con l’arcano terrore del veterinario, riprendiamo a latrare come animaletti messi alle strette: “Troppe immagini in giro!”, “Troppe parole nelle orecchie!”, “Troppi stimoli al mondo!”, “Chi lo accetta lo fa per tornaconto!”.

 Pare inevitabile che le chiare e le ginevre del caso, uscendo frastornate dal dormiveglia dei propri tempi creativi, non possano che sentirsi in colpa. Del resto in questo mondo di trasportini e latrati con quale diritto ci si concedono spazi bianchi?

 La risposta non può essere data dalle dirette interessate, ma può essere data senza difficoltà da un qualsiasi fruitore: ha diritto alla creazione di spazi vergini chiunque poi metta questi spazi a disposizione degli altri. E già si divide la rassegna di latrante umanità in due. L’intimismo egotico di chi tutto esige come dovuto risarcimento resti pure nel trasportino, la categoria sbagliata zuppa di poesia si dia da fare.

 «Ma se le stesse autrici ammettono di sentirsi in colpa» grida il Giudice Parrucco, battendo il martelletto di gomma: «con che diritto intervieni proprio tu che non c’entri niente?!»

 Beh in primo luogo io c’entro agevolmente – anche disteso – perché mi è stato donato lo spazio vergine, quello in cui disincastrare le vertebre del senso comune. In secondo luogo non ho visto autrici da nessuna parte, solo falene irradiate di luce nella penombra delle proprie ali e gerbilli tuttocchi a cui mezzosorridere di ritorno dai funerali. In terzo luogo, Vostro Onore, ricordo ch’essere passanti per le colonie penali e per gli arcobaleni tristi non è reato. Soprattutto nel mondo di Franz, dove il senso di colpa è l’unica Legge. Questo quello che direi se fossi risoluto, cosa che ovviamente non sono. Cosa che ovviamente non siamo.

 Eppure questa gita fuori dal trasportino valeva bene la pena, diciamoci la verità. Non foss’altro che per ricordare che sindromedellabbandono non è una parola unica, e quindi bisogna farsi in quattro per dire a doppia voce taci sindrome! taci abbandono! Non foss’altro che per ricordare che le correzioni sanguigne che ci portiamo dietro dalle scuole elementari magari servivano solo a smorzare una seconda parte della vita, scritta solo a bile nera.

 E quindi… volete a tutti i costi pensare che se si recensisce bene un’opera è perché lo si vede come un tassello obbligatorio per conquistare la Polonia? Pensatelo pure, non mi cambia granché. Io levo le tende da questa colonia penale prima di subito: monto a cavallo del mio secchiello senza carbone e volo via, allontanato dall’agitarsi di uno strofinaccio. Mi basta sapere che esistono ancora parole non illustrabili e immagini non didascalizzabili. Questo è il mio preziosissimo carbone. Quando i calendari sulla schiena cominciano a spezzare ossa come bastoncini e ci si dimentica della forma delle foglie, potrebbe non essere vergogna rivolgersi a un professionista. E un semplice libriccino – a differenza del Giudice Parrucco – può essere un ottimo professionista.

***

 «Caro, hai sentito?»        

 «Torna a dormire, non è niente.»

 «Niente? Ma se mi ha svegliata!»

 «Saranno gli animali nel trasportino.»

 «Mh… Sembrava più il rumore di un graffio che dice fiorite dove siete piantati, stronzi!»

Claudio Fulvio Bernardi per Dea Culpa, UrsaMaior Edizioni; 2023

ONLYFANS: il Mestiere più antico del mondo?

«Questo è un Mestiere da puttane».
Herbert Pagani. Punto fermo. Il PALCOSCENICO è [meglio: era] un Mestiere.
Tralasciando sacre prostituzioni; bibliche maddalene; mitologie e religioni: esigo RISPETTO per tutte le Professioni.
Lalun. Chi era costei? Non voglio menarvela con Kipling – VOGLIO menarvela con l’inquisizione bambina: «perché i miei piedi sono inutili [se] metrici, ma possono fruttare grana grazie a generosi ricchi podofili?».
Per me l’Abuso di Perversione rima con l’Abuso di Professione: son fors’io psichiatra? NO! Fors’io son bigotta? Uahuahuah! Da Metallara intono il SESSO – ma senza compromesso.
Mia Nonna Greca mi insegnò che i soldi facili siano le UNICHE risorse d’illusi incapaci.

(46) Jacopo Ratini – Ho Fatto I Soldi Facili – YouTube

«Questo è un Mestiere».
Possono – Penalista; Condominiale Amministratore; [ex] Editore e Cugino – irridermi perché io NON capisca come funzioni il mondo? [Riportando melmose e manose testuali parole di tutti], in ordine: «Cristoforetti sarebbe più ricca di grano e tempo libero se avesse una pagina web ove mostrarsi scollacciata, pagando a gradimento»; «esentasse e soltanto per mostrarti in topless come in spiaggia ecchettefrega!»; «sei vecchia ma ancora appetibile, se per malattia non puoi promuovere nuovo libro in giro, fatti fare foto nuda e poi ti posso vendere»; «Chicca, metti le foto dei piedi! Nessuno ti riconosce, ma ci paghi le bollette. Mezzo mondo ti ha vista nuda. Almeno fatti pagare, idiota!».

(46) Ciao Ciao (PARODIA by Gem Boy) – La Rappresentante di Lista – YouTube

«Questo è».
FANS = Farmaci Antinfiammatori Non Steroidei.
Prima lezione di Lingua Inglese? Gli aggettivi in Inglese sono unici e NON presentano la forma del plurale, rimanendo invariati.
Non mi sposai a 27 anni e, chiaramente e chiaramante, non mi sposerò a 42 [per traumi MIEI considero il matrimonio una «forma di prostituzione socialmente legittimata e universalmente accettata che rigetto con ogni mia forza»].
Todopoderoso Aldo Busi, quando zampettavo soltanto 16 calendari sul callipigio, mi preconizzò io non fossi «Puttana abbastanza – per l’umanottera italiana Repubblica delle Lettere»: vantava, come sempre, ragione.
Mai sarò Puttana abbastanza; semplicemente: «PUTTANA sì – ma A MODO MIO».

(49) – HERBERT PAGANI – PALCOSCENICO – ( – RCA TPL1 1225 – 1976 – ) – FULL ALBUM – YouTube




OSSA CAVE: GINEVRA BALLATI e gli interrogativi Artistici [tra Campare e Campire]

1.      Piove sempre sul bugnato? Sembra refuso ma non è; vorresti e potresti [questa la domanda] esaltare τέχνη? Tu che creasti un nuovo pantone pittorico e spiegasti Keith Haring coi geroglifici: sapresti spiegare all’asilo perché Fontana sia Arte mentre sfregiare un pannello Ikea sia una patologia da psichiatria?

L’acquerello è una tecnica da pessimisti. Si lavora in negativo, dato che il punto di massima luce coincide con il bianco intoccato della carta. Quindi qualsiasi gesto, fosse anche per una singola velatura di colore, crea un abbassamento di luce, cioè un approssimarsi al buio. C’è poi il fatto che richieda velocità di esecuzione – specialmente nelle stagioni calde, quando letteralmente tutto evapora tra le mani e, al contempo, non permetta errori. La possibilità di recuperare un errore esteso è praticamente inesistente: si fa prima a imprecare, bruciare il foglio e poi imprecare di nuovo. Questo porta a mettere in conto [e nel costo] una certa percentuale inevitabile di insuccesso.

Sulla tecnica ho sempre cercato di investire, sia in termini di tempo, sia per quanto riguarda la scelta dei materiali. Quando la tecnica [intesa come insieme di gesti e conoscenze necessari e spogli: senza fronzoli, balletti e riverenze] è veramente assimilata diventa inconscia e tutta l’attenzione può concentrarsi sui contenuti. Detto meglio e più chiaramente: se non devi pensare a come muovere le mani – quello che nasce attraverso le mani è più probabile sia vitale e arrivi a comunicare quel che può.

Per ora il nuovo pantone mi elude, ma nel tempo la mia palette è cambiata e si è definita: un numero limitato di colori, alcuni toni che si chiamano l’un l’altro e che al momento mi suonano giusti. Ultimamente sono sorpresa dalla gamma dei rosa che fino a non molti anni fa, per me, era indigesta e impensabile.

Fontana si è dovuto inventare una lingua e un linguaggio perché la vecchia guardia gli stava stretta e non bastava più per ragionare col mondo nuovo e rinnovato dalla tecnica e dalla scienza [fine della parte rivolta all’Ipotetico Novenne]. Per rispondere al resto: Fontana ha dato il via ad una valanga semantica, volendo e dovendo esporsi alla nuova concezione di spazio e di cosmo ha deciso che servivano nuovi vocaboli e, con la consapevolezza dello specialista, si è messo ad aprire le tele con tagli e buchi. Ha creato fisicamente e chirurgicamente dei portali in modo che lo spazio e il tempo confluissero attraverso la superficie della tela.
È arte ed è genio perché si colloca saldamente nella sua epoca e da lì crea uno smottamento, permettendo un salto in avanti semiotico. Non so se i pannelli Ikea brutalizzati di cui parli si esprimano con la stessa potenza.

Grande ornitorinco celeste, 2022

2.     Dicotomizzi? Che ne pensi dell’Arte e dell’Artigianato? Riformulo: rispetti chi si definisca artigiano anziché artista? Umiltà o Mestiere? Narciso o Miserere? Scocca i Tuoi dardi, per piacere.

Rispetto tutti, basta che siano coerenti. L’artigiano produce cose fatte bene e le produce per vendere: servono, perciò, una certa serialità e la capacità di sottomettersi ad uno standard. L’artista – in teoria – dovrebbe esprimere [anche in senso evolutivo o involutivo] qualcosa di intimamente necessario, vendibile o meno che sia. Insisto sulla necessità, che è individuale e non sopprimibile, perché più ci rifletto e più mi pare un parametro di valutazione affidabile. È una spina non estraibile, l’artigiano puro non soffre spine del cranio viscerale.

Sul narcisismo si potrebbe aprire un capitolo a sé: c’è chi opera per costruire un monumento a sé stesso – e non dico sia sbagliato, ma personalmente sull’allungo lo trovo un po’ stancante, con un sottofondo di muffa e fanghiglia. Tra le varie categorie, che sono tante quanti i diversi modi di stare al mondo, c’è poi quella che a me interessa di più: chi opera come tramite tra quel che c’è e quel che potrebbe/dovrebbe essere. È un farsi medium per eccesso di empatia e il risultato si approssima all’annullamento.
Si prova ad esistere sotto altra forma identificandosi quasi completamente con il soggetto dell’immagine; è una specie di assenza da sé stessi in dosi omeopatiche.

Segale cornuta, 2022

3.     Senza diplomazia – quanto T’inalbera vedano, con sicumera snervante, Te nelle Tue Opere? Il Soggetto deve rispecchiare il Creatore? E se fosse l’Occhio? Metronomo Impalatore? Se fosse? 

Non mi crea irritazione, più che altro curiosità. Quello che creo parla quasi sempre di una parte di me, ma non è mai un autoritratto completo: non trovo interessante farmi un autoritratto, né un altarino. Sono piuttosto visioni parziali di vicende vissute, immaginate o proiettate e modi per essere altro da me pur mantenendo un nucleo fisso. Alla base c’è la necessità di trasformare quel che mi succede per spiegarmelo da punti di vista diversi e cercare di risolverlo in altro modo, in modo altro. O per esorcizzarlo, o per giocarci.

Quando chi guarda ci vede me e/o si vede rappresentato e raccontato – vuol dire che le immagini si sono attivate e hanno cominciato a creare echi e reazioni. Di qui in poi io ho finito: le immagini iniziano a parlare a modo loro e spesso a raccontare storie diverse a seconda di chi le interroga. È polisemia: se sono vive sono polisemiche.
È un meccanismo inquietante perché – a pensare il tutto razionalmente – in fondo si tratta soltanto di linea e colore su carta; è lo stesso meccanismo magico che mi rende sorpresa e grata, anche perché, ogni tanto le persone, trovano il tempo e la voglia di cercare un contatto. Ovviamente la gratitudine viene meno quando mi capitano tra le ali gli “psicoanalisti della domenica”, pronti a spiegarmi i miei processi mentali o i miei presunti traumi.

Nebula, 2021

4.     Campare e campire! La qualifica evade la bolletta? Più pragmatico: CENSURA – ora – FATTURA? Gridare allo scandalo pensi sia l’unico modo per vendere l’Artistico?

La qualifica e lo studio non evadono necessariamente la bolletta, ma ti permettono di soffrire in modo più completo e motivato, il che – è risaputo – fa tanto artista.
Nel mio caso le bollette sono evase principalmente attraverso altri lavori: progetti didattici e editoriali; illustrazioni; opere su commissione. Il difficile è tenere tutto in equilibrio, soprattutto il tempo da investire da una parte e dall’altra.

Gli scandali e i casi vendono, specialmente in un periodo in cui il prodotto funziona se è caricato in senso narrativo, se racconta una storia. Si tratta di avere la scaltrezza, le capacità [o un’agenzia di comunicazione sveglia] che consentano di costruire un megafono mediatico adatto – attorno all’opera e all’artista. Poi possono capitare gli involontari colpi di fortuna e la canea geniale che trasformano il chiacchiericcio in grande clamore per ben 48 ore. L’importante è averne coscienza per riuscire a valutare se sia mero marketing o se sotto, comunque, scintilli la forza della sostanza.

Esiste chi – per inclinazioni caratteriali, per ingenuità, o per ideologia – non riesce ad abbracciare questo meccanismo e si mette, più o meno volontariamente, da una parte a guardare: tale immobilità da statua giudicante favorisce la leggendaria leggerezza sul fronte quattrini e, per qualcuno, l’impagabile frisson della lamentela perpetua [per rispondere al tuo Miserere della seconda che hai detto, Quelo interrogativo].



Lord Nausea, 2021

5.     La Tua Arte è un ossimoro, uno sfottò; un chimerico acquerello – o l’insieme ibrido di questa scheletrica Cariatide che chiamano Vita?

La domanda è già una [molto lusinghiera, molto poetica, vagamente inibente] definizione.

Volendo entrare nel merito devo chiamare in causa le ragioni per cui creo immagini. Uno: perché ho bisogno di spiegarmi – e forse anche spiegare per vie indirette agli altri – alcune percezioni. E ho la necessità di farlo prendendo una strada che sfugga alla razionalità pura. In questo l’ossimoro si presta perché, per sua natura, annoda due opposti e li mette in risonanza per conflagrare due idee lontane generando significati nuovi. In sostanza: le immagini, per me, sono l’uscita di sicurezza dalle situazioni in cui il mio lato iper analitico tende a prendere il sopravvento, pretendendo di inchiodare, sezionare e catalogare qualsiasi esperienza in modalità cartesiana.

Due: per far convivere in modo tollerabile l’alto con il basso, il serio con lo humor, i vivi con i morti [la cariatide è cariata, era cariata fin dall’inizio]. È un modo molto dispendioso – in termini di tempo e scoramento – di gestire la cosa, ma per il momento non ho trovato strade alternative, almeno non praticabili sul lungo periodo.

Tre: per dare spazio ad un ripetuto atto di fiducia [direi fede, non fosse che il termine è per me problematico su vari fronti] che altrimenti non avrebbe spazio. Fiducia che quando ho a che fare con le persone è una conquista che, per ragioni strettamente biografiche, richiede fiumi di tempo, oceani di pazienza e – spesso – secca presto per incomprensioni. Fiducia che invece, quando si tratta di originare immagini, straripa da tutte le parti. E si ritorna all’ossimoro che mi abita e mi sostanzia: «tendono alla chiarità le cose oscure».

Stanza bianca, 2023


Ringraziando Ginevra Ballati per essere – Numinosa Artista che controbilancia [sì, continuerò usare Maiuscole; per etica e per estetica personali] Vi invito attuffarVi nel Suo pneumatico pluriverso pittorico per respirare Arte; per acquistare Arte e Vita: parola di Dainoraptor – dalle Ossa Cave.



In rete: OSSA CAVE ginevra ballati – ossa cave

Mockito ergo Zoom [Sukita Ginevra], 2023, divertissement di Dama Daino; scatti rubati [lodate la comprensiva e ancor più espressiva Ballati]

Zappa, il Fumetto

«Zappa sui piedi» è sempre questione di metri: chi tiene UNAMINCHIATANTA?
Bisogna saper battere. Gli accenti. Tonici e tonanti – Ciarallo e Truscia – orchestrarono la Nona Arte, ritmando i tempi del Mito senza tempo e dei tempi tutti. Confesso al Todopoderoso Sheik Yerbouti – la mia crisi [non soltanto anagrafica]: «devo davvero premettere chi Tu sia?» Continuamente costretta a spiegare mi riferisca a Ronnie James quando scrivo di Dio – mi regalò la Sindrome di Roemheld; ma son rassegnata a certa ignoranza. Pure: non sapere chi sia Frank Zappa rasenta l’amenza. Perfetto! Iniziare una recensione insultando il Lettore è davvero un bel colpo. Prosit! Brindiamo al quesito primo: «le recensioni servono davvero ai lettori»? In my heavy opinion: servono quando il libro è una chiavica [e, in passato, fui strapagata per confezionare supercazzola articolata per più di una ciofeca spacciata per letteratura]. Perché recensire un Capolavoro? Non lo capisco [ma io bevo forte e il mio neurone diplomatico è perennemente sbronzo]. Persi filo, al solito. Dicevamo, Arianna? «Zappa, il Fumetto» è un Capolavoro. E come lo promuovi un Capolavoro quand’è anche sinestetico? Non bisogna promuovere, ma naturalmente venerare; lasciandosi rapire dall’incanto e dal viaggio psicotropo senza sputtanarsi corpaccio. Sarebbe dunque cosa buona e giusta scrivere dell’Opera in parallelo tirando in ballo Winckelmann e Brinkmann? Sarebbe interessante discettare del 3D imaging e del colore primevo ridato alle statue esposte al MoMa in ardito confronto con cromia psichedelica e sintonia d’eccelsi contributi dell’Opera recensita? No, belin. Questa è Noia. E proprio questo è il punto: la Bellezza non annoia [questa la capirete tardi].


Ammorbare il Lettore compiacendo gli Artisti [e pure l’Editore] è fottuta perversione da Gotha e da Critica monotona. Zappa è l’enciclopedica spina irritativa – che contrasta ogni perbenista menata, qui esaltata da chi visceralmente Lo ama.

Morale della favola? «Accattati u parrapicca» [«Summer 82: When Zappa Came to Sicily» è documentario di Netflix che NEANCHE si avvicina alla competenza e alla conoscenza e alla preziosa testimonianza dell’OPERA qui esaltata].
Risi tanto per quella Zoccola Zappifera Iconoclasta di Ciarallo: si è divertito, pur facendosi incredibile mazzo tanto [senza farlo pesare], mischiando Titani e Antani [«in ginocchio da Te» lo capiremo in Tre… Come «in missione per conto Gail»; come…]



COME cantarne? Cestinai ogni pleonastico scriverne «come Professione richiede», perché? Perché vantate la soglia di attenzione di un pesce pagliaccio [non importa si tratti di una Graphicnovel o di una multa: il contemporaneo NON vanta pazienza]. Sapete, dunque, quale sia la recensione migliore?

– Dama, hai letto qualcosa di veramente valido ultimamente?
– Andrea caro, di Autori ancora in questa dimensione?
– So di chiederti l’improbabile, eheheh!
– Frank Zappa, il Fumetto.
– Grazie. Mi fiondo ad acquistarlo.


Questo è. Se NON lo acquistate siete dei fighetti [e capirete dopo le citazioni e le indoli].


«L’informazione NON è conoscenza».


[DEVI USARE UN POLLO per misurarla

DEVI USARE UN DAINO per cazzeggiarla.

DEVI ESSERE: ANIMALE.

Per scriverLA e per ConcertarLA].
Per VenderLa?

[Non bastano titoli o titolati: servono ATTRIBUTI]


Zappa, il Fumetto; Edizioni Paginauno; 2022

L’OSTERIA SCOSTUMATA

All’Osteria degli Alfabeti
tutti quanti son Poeti,
gran profeti di stocazzo
vanno a capo per sollazzo…

FRASTIMA ben Belina
FRASTIMA ben belan!

All’Osteria dei Metrimosci:
dicon tutti «lo conosci?»
Voi citate il buon Kieślowski 
Noi brindiamo col Negrosky!

FRASTIMA ben Belina
FRASTIMA ben belan.

All’Osteria delli Sticazzi
diamo botte ai poetazzi;
per far fesso chi li loda
farsi filtri – è pura posa

FRASTIMA ben Belina
FRASTIMA ben belan!

All’Osteria degli Esegeti
fan proclami con i Peti!
Grandi guru di ‘stafava
io ricordo chi chiavava…

FRASTIMA ben Belina
FRASTIMA ben belan!

All’Osteria dei più sinceri?
Siamo tutti giocolieri:
rime in rosa non vogliamo
e con Lemmy ci seghiamo:
 
FOTTILI ben – Belina,
FOTTILI Ben – belan!

[Dama Daino, con la Sarda e sonora e spolmonata partecipazione di: Marcello Ferrau]

Viola Amarelli: L’indifferenziata e il Gran Rifiuto

«ATTENZIONE! Questa non è una recensione! Ripeto: questa NON è una recensione!»

Mantenete la posizione e prestate orecchio [clinico e cinico] al Coro che Opera: L’Indifferenziata rifiuta e riforma, riformula il fiato e rifila la rumenta che ci accorpa e ci accoppa. Ricordate il detto? «Si legge bene sol quel è scritto meglio»; ecco: un Libro che si legge cantando [e sùbito mi scuso per l’uso delle Maiuscole che Viola Amarelli evita per un preciso potente pareggiare, non solo i conti – ma soprattutto i margini, in questa vita *a bandiera*].

   Cantando, si principiava; cantando sì – perché Viola Amarelli è Librettista e Direttrice della Matematica che Orchestra il verso/vertice di una Parabola: liturgia e letania del puntozero, vangelo del Metro-politano; Metro-poliziano.

In principio fu il Titolo e il sorriso infantile di chi dileggia perfino Eugenio e Alberto: Montale e Moravia [tra Indifferenti e indifferenza] certo riecheggiano nel timpano logoro del letterato, ma la memoria ghiottona d’una bimba belina – *presentì* i Gem Boy e il loro album Internettezza urbana; preconizzando codice binario che regola il Volume [lei prende i pensieri, li spezzetta, li raggela/e poi li e-dita; computer quantistici; il robot, pokemon, segnale, non c’è recettore/stiamo crittografando per voi; …]    


*

il mondo, un codice binario

*

Algoritmi dell’animaccia meccanica quotidiana, archeoanfibologia in mistica melodica metafora, lontana dai poeti *struzzi*, Amarelli rima con Rosselli – per la Serie Ospedaliera: arterie bloccate [*ci scusiamo per il disagio*] in un mondo all’ingrosso che gronda grasso in un pianeta ammalato destinato al collasso; globo affamato tra tende di tettoie [che fine ha fatto il cibo].

Viola Cantore sull’orlo di un precipizio ci invita adesso a giocare [Bist Du Bei Mir] tra traumi e tautogrammi: polifonica parata di piranha pialla – fratture reali; pericarpi e peristalsi; bulimia e catalisi di un’anabasi che spolmona anche quando muta [l’atroce, la chiamano vita/quest’afona voce].

Lo Sparito incalza, infilza in cranio il vessillo del carname provato; carcame mammifero che s’accorda ancorché scordato, immemore del tempo: i verbi all’infinito sono dispotica certezza per la razza/non schiatta, schiattiglia – diluita come orrida birra annacquata. Ritma, tuttavia, poderosa la speranza guerriera – tra consapevolezza e rassegnazione – in forte spirito animale, quando tutto ci sbrana: il mulo paziente pensa alla napoletana e pianissimo passa/pianissimo lascia. La scia è fine di lucertola [la coda ricresce, il neurone si strozza]; in un bestiario triste [no, nessuna fenice], ma consolatorio: nella mostra *canina* ch’azzanna ch’azzarda ch’azzera – restano la balena, il drago, il sauro, il daino [zompetto e paupulo] contro ogni tradimento giacché forse l’unico Mulino che possiamo ancora combattere è quello Bianco.


Signora dei serpenti, Matre matrice – L’Indifferenziata è Multiverso gravido: discolpando il Capro, ripartendo da Capo, scrollando la polvere di quest’acaro nudo che chiamiamo Uomo.  

«l’elenco anodino della spesa con riportate tutte le indicazioni

ed etichettature, rimodulate in forma clamans sottotensiva e

asindetica, in tono abstract for call papers, si sottopone a

peer review, della serie infinita leggetevelo voi e gli intimi

nemici»

L’indifferenziata di Viola Amarelli; Seri Editore; Le piume; 2020

PREMIO PUNKARELLA

«Ancora non hai capito con che cosa hai a che fare, vero? Un organismo perfetto. La sua perfezione strutturale è pari solo alla sua ostilità».

La partenogenesi di Punkarella è propria, è altra, aliena perché spesso avversa all’etica e all’estetica comuni. Glittica e lapidaria, come un Orologiaio mistico, specialista del Tempo – Punkarella ricerca i guasti del sistema, senza curarsi dei gusti imposti da meccaniche banali. Insofferente alle etichette [ma Regina di Spade] affila la lama del Suo percepire il Multiverso – sputando in fronte alla logica perbenista e consolatoria. Gioielliere evocato da Lovecraft, Punkarella mitizza il quotidiano con l’occhio cecchino di un «chirurgo niellatore»: sezionando l’atrio ventricolare veicola la musica concreta di un cardio che diventa amuleto alchemico [«de’monili far pompa» ricorda Manzoni], elevando a potenza sensi e doppi sensi.

Punkardio

Tra tassonomia e tassidermia, ogni Opera di Punkarella è chirurgica Arte combinatoria per mappare organi e materiali; resina e gesso; Carta Forbice Sasso [Lizard Spock e Morra per Moire, santissimo Nerdìo!], anagrammando lettere e amalgamando lingue – genera manufatti che rigenerano: enigmi da risolvere a piacere grazie all’eco del vissuto personale e specifico [l’ingranaggio della solitudine creativa è pura potenza che nulla spiega ma tutto dispiega, lasciando liberi di interpretare «a soggetto» ogni Suo «progetto tentacolare».

Ftaghn

Egitto

Love

Vessillo in cranio, tra stregoneria e pirateria, Punkarella capovolge e ribalta ogni dettame scholastico in un Sottosopra salvifico e catartico: l’Humor nero sposa la tenerezza del Fanciullino, risvegliando l’alcolico armamentario archetipico in un brutale bellissimo bordello citazionistico [sapientemente gestito]. Vale a dire? Salvador Dalí s’appolpetta con Hans Ruedi Giger; Antoni Tàpies s’erge nell’abbraccio con Carlo Rambaldi – e l’effetto scenico è scenografico capolavoro sinestetico.

Trittico

Generosa gitana giramondo, tra Jill di Immortel [ad vitam] e Ransie Lupescu, Arale e Lamù – la «Galassiochiomuta» Anima Artista e Artigiana – è tanto sincera quanto schiva: quasi a scusarsi della Sua eccellenza, raramente paupula o si pubblicizza parassitando il prossimo [mai sfrutta nomi noti, inclusa figlia di Kubrick, che sfoggiano i Suoi monili magnifici e magnetici] e anche per questo, in paradossale uroborico agire… Sono lieta conferire il «Premio Punkarella» a Punkarella, unico presente che c’infutura – donandoci la gioia di poter acquistare e conquistare la gioia e, finalmente, godercela.
Per quanto inquietante sia.

Sarah

«Coffee teeth and a cigarette heart for SALE»
[You Am I; punkarella per Punkarella]

https://www.facebook.com/laPunkarella/

Info: sarahlovett78@gmail.com

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